La prospettiva degli altri

“Mettersi nei panni degli altri”. Avremo sentito centinaia di volte questa frase.

Vista l’apparente ovvietà del motto e il suo scarso appeal come messaggio, provo sempre un certo imbarazzo a parlarne, ma ogni volta mi faccio coraggio.

Tra tutte le tecniche comunicative dal nome più o meno altisonante, tra tutte le più avanzate strategie relazionali che garantiscono il massimo risultato, penso che “Mettersi nei panni degli altri” resti, incontrastata, la modalità in assoluto più efficace per entrare veramente in armonia con gli altri, per costruire solide e durevoli relazioni.

Ebbene sì, lo penso e lo credo fermamente. Dovrebbe stare in cima alla lista delle nostre priorità quotidiane.

Mi si dirà che “Mettersi nei panni degli altri” è proprio l’essenza dell’empatia, termine più stringato ed elegante. Verissimo. Altrettanto vero, tuttavia, che sempre più spesso per empatia si intende solamente (si fa per dire, sarebbe già tantissimo) la capacità di andare d’accordo ed entrare in sintonia con gli altri, tralasciando un poco (o parecchio, in alcuni casi) l’antefatto fondamentale. Utilizzare sistematicamente la prospettiva degli altri.

Vedere le cose con gli occhi e con la testa del nostro interlocutore, non solo dal nostro punto di vista, significa pensare alle aspettative, alle speranze, ai bisogni, ai dubbi dell’altro.

 “Se io fossi al suo posto, come la vedrei?” comporta affiancare, se non addirittura anteporre, le istanze altrui alle nostre.

Quasi sempre succede esattamente il contrario. Ciascuno di noi tende a portare avanti le proprie richieste, le proprie necessità, le proprie problematiche, pensando e spesso pretendendo che gli altri si adattino al nostro volere e ci soddisfino prontamente. Se non accade (e accade spesso che non accada) andiamo in crisi, ci irrigidiamo, ci chiudiamo, andiamo allo scontro.

Ma anche gli altri avranno le loro istanze e vorranno soddisfarle, o sbaglio? Come la mettiamo allora?

“Vederla dal suo punto di vista” è una modalità relazionale, una vera e propria abitudine molto potente. Dagli effetti sorprendenti.

Permette di anticipare obiezioni, battute d’arresto, criticità e paure. E di creare di conseguenza situazioni che risolvono alla base dubbi e perplessità che il nostro interlocutore non ci ha ancora manifestato, che forse mai ci avrebbe manifestato. Come potrà sentirsi? Direi compreso nel profondo, destinatario delle nostre attenzioni, sollevato e sempre più vicino a noi.

Ancora, utilizzare il punto di vista dell’altro ci consente di intuire le sue aspettative, i suoi obiettivi, i suoi desideri, mettendoci nella posizione di poterlo aiutare nel loro raggiungimento. Cosa proverà il nostro interlocutore trovandosi di fronte un alleato, spesso inaspettato, pronto ad aiutarlo nel conseguire quel che desidera? Come minimo piacere, come massimo ampia predisposizione a fare altrettanto.

Si dice che nella vita si può ottenere ciò che si vuole se si aiutano gli altri ad ottenere ciò che vogliono.

100% d’accordo. E il punto di partenza per aiutare gli altri è vedere le cose come le vedono gli altri. Utilizzare sempre la loro prospettiva.

Gli effetti? Portentosi oltre che sorprendenti. Apertura, collaborazione, supporto, alleanza, solidità della relazione, continuità del rapporto nel tempo. E risultati, tanti risultati.

Senza trascurare le conseguenze virtuose nell’ambito della nostra vita personale, pensiamo un istante alle ripercussioni positive sulla nostra vita professionale. Sulla qualità delle relazioni con il nostro cliente, con il nostro collaboratore, con il nostro socio, con il nostro fornitore, con il nostro capo, con il nostro collega. La qualità delle nostre relazioni professionali è o non è il fulcro del nostro successo? Lo è, lo è eccome.

Parliamoci chiaro, questa modalità in apparenza così scontata è una vera e propria rarità nella vita di tutti i giorni.

Come fare concretamente?

Un primo passo importante è abituarsi, gradualmente ma costantemente, ad adottare anche il punto di vista degli altri, non solo il nostro, nelle relazioni. Il potere delle domande. Come può vedere la situazione lui o lei? Quali vantaggi può e vuole ottenere? Quali problemi vuole assolutamente evitare?

Questa modalità ci proietta immediatamente su un’altra dimensione del rapporto. Il nostro interlocutore percepisce questa nostra attenzione. E la apprezza, molto.

Il secondo passo consiste nel chiedere. Non pensare solamente alla prospettiva dell’altro, chiedere esplicitamente quali sono le sue aspettative, i suoi desideri, le criticità che vuole schivare. Il potere delle domande bis.

Questo ulteriore passaggio rafforza ulteriormente l’apertura nei nostri confronti, abbattendo le residue barriere di diffidenza.

Naturalmente informeremo l’altra parte anche delle nostre aspettative e dei i nostri desideri.

A questo punto si tratta di far combaciare le istanze reciproche, individuando una modalità di collaborazione che soddisfi entrambi.

Qualcosa di molto più robusto rispetto ad un compromesso. Nel nostro caso, consapevoli delle rispettive necessità avendo costruito un rapporto di fiducia ed apertura, possiamo pensare ad una soluzione che accontenti pienamente entrambe le parti.

Quando ci si abitua a vedere le cose secondo la lente di ingrandimento altrui, è spesso possibile trovare modalità di collaborazione addirittura migliorative rispetto ai rispettivi punti di partenza.

Una vera e propria soluzione terza, non preventivata e più soddisfacente, figlia legittima di una prospettiva differente. La prospettiva degli altri.

Lascia un commento