“I miei collaboratori non si sentono coinvolti, non sono motivati. Fanno il loro lavoro perché devono farlo, non perchè vogliono farlo bene”.
Quante volte sento questa frase.
Recentemente due persone diverse, in contesti diversi, mi hanno portato la stessa, identica e seguente testimonianza: “Il mio nuovo capo è venuto da me dicendomi di voler prendere una determinata decisione, molto importante per il mio team e per l’azienda. Poi mi ha chiesto che cosa pensassi della sua decisione. Non mi era mai capitato di sentirmi così preso in considerazione ed importante”.
Secondo voi quelle persone quanto saranno legate al loro capo e quanto vorranno lavorare bene con e per lui?
Una semplice richiesta di un parere può scatenare effetti positivi inimmaginabili in termini di coinvolgimento e motivazione delle persone.
La domanda: “Tu cosa ne pensi?” è un autentico passepartout per arrivare alla famigerata motivazione e al tanto inflazionato engagement. Senza tanti fronzoli, tatticismi, modalità d’approccio sofisticate. “TU COSA NE PENSI?”. In quattro parole hai già creato i due presupposti basilari per far sentire coinvolti e motivati i tuoi collaboratori: importanza ed attenzione. Alle persone.
Se io mi sento importante e preso in considerazione dal mio capo (esattamente come da testimonianza di cui sopra) sarò dalla sua parte. E vorrò continuare ad essere dalla sua parte.
Che poi il mio parere non si traduca nella decisione finale del mio capo, sinceramente conta fino a pagina due. In fin dei conti è lui il capo, ha una visione più ampia rispetto alla mia e se ha stabilito di muoversi in quel determinato modo avrà le sue ragioni. Anzi, magari me le ha anche motivate (altro aspetto fondamentale, ne parleremo in altra occasione). Già il fatto che si sia preso la briga di venire da me e di chiedermi un parere significa che ci tiene. A me.
Significa che lo sa fare bene, il capo. E orgogliosamente dico: lui è il mio capo.
Succede anche, non così di rado, che il mio punto di vista convinca il mio responsabile a cambiare impostazione seguendo i miei suggerimenti. Pure di questo ho avuto testimonianza: “Dopo un paio di mesi dalla nostra ultima chiacchierata, il mio capo (supremo aggiungo, il titolare in quel caso) è venuto da me dicendomi che ci aveva pensato e che la mia impostazione, diversa dalla sua, era in realtà quella più efficace. E abbiamo poi seguito la mia linea”.
Bingo.