“All Things Must Pass” – La certezza del cambiamento e dello scopo

Come molti, moltissimi, anche io sono stato colpito da questo tsunami virale e non se n’è ancora andato del tutto, dopo più di un mese. In ogni caso sono qui a scrivere, è già tantissimo, mi limito a dire che non è una passeggiata. Vivo solo, in Brescia città, non aggiungo altro.

Sono convinto che le domande abbiano il potere di determinare buona parte del nostro destino e del livello di soddisfazione per la nostra vita. Hanno la capacità straordinaria di spostare immediatamente il nostro focus e mai come in queste giornate è fondamentale tenere la testa su nuovi scenari, nuove attività, nuovi ruoli, addirittura nuove opportunità che ci potrebbero riguardare, evitando di concentrarci sull’orrore che, direttamente o indirettamente, è capitato a tutti noi (non è semplice, lo provo sulla mia pelle).
 Più ci abituiamo a farci domande di qualità, più obblighiamo noi stessi a fornirci risposte di valore. Dunque se è vero come è vero che c’è sempre da imparare una lezione da quello che ci accade, specie dalle esperienze più dure, come possiamo ottenere qualcosa di buono da tutto questo? Che cosa potrebbe addirittura tornare utile in futuro, cosa deve restare da tutto questo? Ecco alcune domande di qualità.

“All Things Must Pass” è il primo album solista (splendido) del compianto George Harrison pubblicato dopo la separazione dei Beatles, anno 1970, nonché titolo della canzone omonima.
Per caso o forse no, spulciando tra i miei LP, come mi piace ancora chiamarli, l’ho individuato subito (ne ho parecchi) e prelevato prontamente. L’ho ascoltato e lo sto ascoltando tuttora dopo molto tempo ed è una formidabile compagnia in queste giornate particolari.
La risposta di valore alle domande di qualità di cui sopra me l’ha fornita proprio il titolo di questo LP, con le sue parole così semplici e così potenti.

Tutto deve passare.

Il cambiamento è un tema ricorrente nel mio lavoro, parlo spesso della resistenza che tutti noi, chi più chi meno, abbiamo nel salutare la nostra zona di comfort per approdare a terre sconosciute sulle quali all’inizio ci sentiamo instabili, insicuri, vulnerabili. Sottolineo sempre come questo sia uno “status” perfettamente normale e passeggero che si ripete ciclicamente in ogni fase di transizione, evidenzio come quei sentimenti che caratterizzano la prima fase del cambiamento lascino presto spazio, attraverso la ripetizione e il consolidamento delle attività, ad una “confidenza” con la nuova realtà, fino ad una vera e propria disinvoltura. Tant’è che poi ci sentiamo perfettamente a nostro agio nella dimensione nuova e mai torneremmo indietro, per nulla al mondo. Sapere in anticipo che ogni volta l’iter è il medesimo ci permette di affrontare ogni cambiamento, dal più blando a quello più radicale, con un’aspettativa fiduciosa oltre che con un piglio efficace per noi  e per gli altri. Oltretutto fa parte della nostra natura, altrimenti da cosa passerebbe l’evoluzione se non da fasi sistematiche di transizione? Variare regolarmente i nostri come e i nostri che cosa per arrivare al nostro perché, al nostro scopo. Questo significa per me la frase “abbracciare il cambiamento”, tolta dal piedistallo dello slogan e calata a terra.  Questo vado dicendo alle persone che incontro.

Ed eccolo che è arrivato il Cambiamento con la c maiuscola. È arrivato come un manrovescio di un gigante. E adesso? Altro che fase di instabilità, di insicurezza, di vulnerabilità, qui c’è in ballo anche la paura, lo sgomento, la mancanza di punti di riferimento. Qui tutto pesa come un macigno e non se ne vede la fine. Come fai a pensare che “tanto è tutto ciclico, ricorrente, passeggero, perfettamente fisiologico in ogni fase di transizione”?
Eppure non può essere che così. Non lo dico io, ce lo insegnano il nostro passato e la nostra storia di esseri umani. La lotta per la sopravvivenza, i conflitti, le carestie, le epidemie e pandemie (appunto), le catastrofi naturali. Tutti eventi traumatici che ci hanno colpito e messi a durissima prova. Eppure è sempre arrivato un dopo. E normalmente il dopo si è rilevato migliore rispetto al prima. Siamo progrediti, siamo arrivati ad un livello superiore, ad un nuovo livello di consapevolezza, di cultura, di progresso, di qualità della vita. Non abbiamo avuto alternative. Sempre guidati dai nostri perché abbiamo affrontato e gestito i cambiamenti più radicali e significativi, creando nuovi come e nuovi che cosa. Consiglio Simon Sinek al riguardo, illuminante.

Mettiamo un istante da parte i che cosa e i come per concentrarci sul perché facciamo quel che facciamo, sul fine, sullo scopo che ci guida nelle nostre attività come nella nostra vita.
Se abbiamo un perché bello grande troviamo sempre il come e si arriva anche al che cosa. Di norma i come e i che cosa variano nella vita di ciascuno di noi, lavorativa e non. Quello che non cambia è il perché, il nostro scopo. Pensiamo ad esempio a tutte quelle aziende che si sono riconvertite, modificando i propri processi, per la creazione di altri prodotti, fondamentali e indispensabili in questo periodo. Magari temporaneamente e magari no, fatto sta che in un baleno hanno cambiato i propri come e i propri che cosa per essere utili alla collettività. E questo con ogni probabilità è il loro perché, mai cambiato e che mai cambierà. Se il tuo scopo nel lavoro e nella vita è aiutare il prossimo, da una maschera da sub puoi ricavare un respiratore d’emergenza. La mente e la volontà dell’uomo possono creare ogni cosa.

Tutto passa e tutto passerà. Dopo questo tsunami virale i nostri come e i nostri che cosa  se ne sono già belli che andati, in buona parte. Quello che deve restare, oltre all’ineluttabilità del cambiamento, sono i nostri perché. Solamente quelli sono in grado di trascinarci fuori dalle situazioni più complesse e farci approdare più forti e preparati ad una nuova vita. Migliore.
Anche questa volta sarà così, ne sono certo. Al netto di tutte le difficoltà e battute d’arresto, di tutti i sacrifici che ci aspettano, ci ritroveremo un paio di gradini sopra rispetto a dove eravamo prima di questa situazione e molto più attrezzati in quanto a cultura, altruismo, generosità, consapevolezza, progresso, grinta, voglia di rivalsa e risultati. Stiamo già costruendo nuovi come e nuovi che cosa, guidati dai nostri perché immutabili.

“All Things Must Pass”.

Chiusi dentro casa e chiusi anni luce fuori dal comfort, mai come ora queste semplici e potenti parole suonano come un’ispirazione. E un conforto. Anche se a volte brutale ed improvviso, dalla notte dei tempi il cambiamento è l’unica certezza che abbiamo nella vita, insieme al  nostro scopo. Ecco cosa deve restare da tutto questo.

All Things Must Pass (George Harrison)     

L’alba non dura tutta la mattina
un acquazzone non dura tutto il giorno
sembra che il mio amore sia pronto
e ti abbia lasciato senza avvertimento
non è stato sempre così grigio

Tutte le cose devono passare
tutte le cose devono andarsene

Il tramonto non dura tutta la sera
la mente può soffiare via quelle nuvole
dopo tutto questo il mio amore è pronto
e dev’essere lasciato andare
non è sempre stato così grigio

Tutte le cose devono passare
tutte le cose devono andarsene

Tutte le cose devono passare
nessuna delle corde della vita può durare
così, devo fare la mia strada
affrontare un altro giorno
Ora l’oscurità rimane solo di notte
la mattina essa scomparirà via
la luce del giorno è bella
nell’arrivare al momento giusto
non è sempre stato così grigio

Tutte le cose devono passare
tutte le cose devono andarsene
tutte le cose devono passare
tutte le cose devono andarsene

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